Introduzione all'età giolittiana
Il 15 maggio 1892 Giovanni Giolitti venne nominato Primo Ministro, dopo la caduta di Crispi. Perse sin da subito i consensi che lo avevano aiutato a salire al governo e fu costretto a dimettersi dopo un anno e mezzo.

Egli non era stato in grado di gestire la crisi economica che faceva da protagonista in quegli anni e le conseguenti rivolte dei cittadini nelle piazze italiane. Di fronte a queste sue debolezze gli elettori si affidano nuovamente al governo di Crispi. Egli, però,si dimise dopo una serie di sconfitte subite nel corso della sua politica colonialista in Eritrea.
Negli anni successivi si succedettero più governi durante i quali Giolitti svolse l’incarico di ministro dell’Interni e solo durante il il governo Zanardelli riuscì a ottenere nuovamente l’appoggio degli elettori.
I governi Giolitti I e Giolitti II
Il Governo
Il 3 novembre 1903 Giolitti ritornò al governo, ma questa volta rappresentava il partito di Sinistra, affermando la sua separazione definitiva da Crispi. Con questo cambiamento egli riuscì a seguire i suoi ideali politici con i quali cercava di conciliare gli interessi della borghesia e del proletariato, pubblicò norme a tutela dei lavoratori, in particolare donne, anziani, disabili e bambini e fece in modo che gli scioperi venissero tollerati maggiormente.
Giolitti era molto vicino al partito socialista più di altri e cercava anche di ottenere il consenso sia dalla classe operaia aristocratica che godeva di un salario sufficiente a garantire loro il diritto di votare, sia della borghesia italiana, alla quale chiedeva invece di rinunciare ad alcuni dei suoi privilegi di classe.
D’altra parte Giolitti in cercò in tutti i modi di reprimere le idee rivoluzionarie dei socialisti di estrema sinistra e tentò invece di coinvolgere il più possibile Turati e i socialisti riformisti, anche se Turati in un primo momento si limitò a sostenerlo dall’esterno.
A rimanere sempre esclusi dalla politica giolittiana furono i lavoratori meno qualificati, in particolare dell’Italia meridionale.
Le rivolte sociali
In realtà il periodo dal 1901 al 1904 fu caratterizzato da una serie di scioperi sia da parte del settore agricolo sia industriale, sia al Nord sia al Sud. Il motivo principale di tali insurrezioni fu che la crescita economica avvenuta durante l’età giolittiana non aveva però coinvolto tutta la società, in particolare quella meridionale. In quelle zone, infatti, la figura di Giolitti era molto criticata ed era ritenuto il ministro della malavita, come afferma lo scrittore Gaetano Salvemini. Dal suo canto Giolitti usò la tattica dell’ignorare tali scioperi, in modo che essi si esaurissero da soli.

Il Giolitti III
Nel 1906 nacque il terzo governo di Giolitti. Nel frattempo nel Mezzogiorno d’Italia erano sempre più frequenti le migrazioni di intere famiglie che in questo modo riuscirono ad abbandonare un contesto sociale arretrato per entrare in contatto con realtà più moderne. Il governo giolittiano non si oppose a questo flusso di persone, in quanto in questo modo riusciva a tenere sotto controllo scioperi e sommosse da parte delle classi più povere.
Durante gli anni del suo terzo governo Giolitti avviò la conversione della rendita nazionale, la quale andò a buon termine perché non vi furono molte richieste di rimborso. Per prima cosa fu lo stesso Stato a guadagnarci in quanto non era più tenuto a pagare i suoi debiti. Venne completata la nazionalizzazione delle Ferrovie e avviata quella delle assicurazioni, che portò a pesanti speculazioni da parte di chi deteneva le azioni.
Lo sviluppo economico coinvolse anche il settore agricolo che produsse ed esportò più vino e prodotti ortofrutticoli grazie ai rapporti più stretti con la Francia, mentre in pianura padana crebbero le raffinerie in seguito al diffondersi delle coltivazioni di barbabietola da zucchero. Furono imposti limiti di orario (12 ore) e di età (12 anni) sul lavoro femminile e infantile.
Il Giolitti IV
Il programma
Il programma del quarto governo Giolitti prevedeva la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita e l’introduzione del suffragio universale maschile. Nel 1911 Giolitti diede inizio alla guerra di Libia, ma ciò ebbe come conseguenza l’allontanamento dal governo del Partito Socialista.
La guerra di Libia
In quegli anni il governo di Giolitti si avvicinò sempre più alla destra conservatrice anche con la celebrazione della nascita del partito nazionale che voleva a tutti i costi l’ingresso dell’Italia nella lotta coloniale tra i Paesi europei. La guerra di Libia fu ampiamente criticata in quanto molti ritenevano che il territorio conquistato non fosse altro che un grande ‘’scatolone di sabbia’’.
Giolitti si accorse di aver perso consensi e cercò in tutti i modi di ottenere quanti più voti possibili istituendo il suffragio universale maschile e con il patto Gentiloni con i cattolici contro i socialisti. Nonostante ciò gli scontri tra destra e sinistra erano sempre più accentuati e ciò spinse Giolitti alle dimissioni e scelse come suo successore il conservatore Antonio Salandra.
Il Giolitti V
Antonio Salandra in poco tempo riuscì a distaccarsi politicamente da Giolitti e firmò nel 1915 il famoso Patto di Londra, che prevedeva l’intervento in guerra da parte dell’Italia. Nel contempo Giolitti divenne rappresentante della maggioranza neutralista della Camera, finché Salandra, sotto comando del Re, fece uscire l’Italia dalla neutralità ed entrò in guerra.
Nel 1920 iniziò l’ultimo governo di Giolitti, durante il biennio rosso, che venne richiamato per poter risolvere la questione di Fiume. Con il trattato di Rapallo riuscì a far scappare dalla città Gabriele D’Annunzio e rendere Fiume una città libera.

Nel 1921 si alleò con i nazionalisti e con i fascisti, con la speranza di portare il fascismo verso un’idea politica più moderata. Al contrario con la sua alleanza aveva dato ancora più credibilità al movimento fascista. Solo in seguito Giolitti divenne un convinto antifascista opponendosi più volte ai provvedimenti di Mussolini fino alla sua morte nel 1928.