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Il processo formulare romano, introdotto nel 17 a.C., è stato essenziale per il diritto antico e moderno. Caratterizzato dalla formula, un documento che definiva le parti del processo, aveva una fase in iure davanti al pretore e una in iudicio davanti al giudice. Evoluto nel tempo, ha influenzato il sistema giuridico mondiale.
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Diverse clausole
Essenziali
CONDEMNATIOattribuzione di potere al magistrato da entrambe le parti per condannare o assolvere il convenuto
DEMONTRATIOspecificazione oggetto della lite, quod causale
INTENTIOEnunciazione pretesa attore
Accidentali
Adiudicatio
4 parti
Iussum iudicandiappello rivolto al giudice a condannare e assolvere il convenuto a seconda dell'esito del processo
pars pro reoipotesi infodatezza pretese attore o comunque fnodata la difesa convenuto
Parso pro actore (Ipotesi fondatezza pretesa attore)
Iudics nominatio (Nomina del Giudice)
Il processo formulare romano, introdotto con la Lex Aebutia nel II secolo a.C. e successivamente esteso dalla Lex Iulia Iudiciorum Privatorum nel 17 a.C., rappresenta un'evoluzione significativa nel sistema giuridico dell'antica Roma. Questa procedura giudiziaria era utilizzata per risolvere controversie civili e si distingueva per la sua struttura bipartita: la fase in iure, svolta davanti al magistrato (pretore), e la fase in iudicio, condotta davanti a un giudice privato (iudex). Durante la fase in iure, veniva redatta la formula, un documento scritto che delineava le pretese dell'attore e le difese del convenuto, stabilendo così il quadro legale entro cui il giudice avrebbe dovuto operare.
La formula era il fulcro del processo formulare e si componeva di diverse parti: l'intentio, che esprimeva la pretesa dell'attore; la demonstratio, se necessaria, per specificare i fatti contestati; l'exceptio, che permetteva al convenuto di presentare una difesa; e la condemnatio, che autorizzava il giudice a condannare o assolvere. Poteva includere anche clausole aggiuntive, come l'adiudicatio, per l'attribuzione di diritti su beni specifici. La formula garantiva che il giudizio si basasse su una questione legale ben definita, evitando così dispute su argomenti irrilevanti al caso.
Il processo formulare si distingueva per la sua flessibilità e per l'assenza di formalismi eccessivi, consentendo l'uso di un linguaggio semplice e diretto. Era un processo essenzialmente privato, con le parti che potevano essere rappresentate da avvocati, e non richiedeva la presenza di figure pubbliche, se non per la supervisione del pretore nella fase in iure. La sua unitarietà permetteva di affrontare più questioni legali in un unico procedimento, e la chiara distinzione tra le due fasi del processo assicurava un'organizzazione metodica e una definizione precisa del litigio prima del giudizio.
Il processo formulare ha subito varie modifiche nel corso del tempo, riflettendo l'evoluzione della società e del diritto romano. Inizialmente adottato per le controversie tra cittadini e peregrini, fu poi esteso a tutti i cittadini romani, diventando un elemento centrale della giurisprudenza romana. Le riforme hanno permesso al processo formulare di rimanere efficace e pertinente, adattandosi alle esigenze di una società in continua trasformazione e mantenendo la sua capacità di fornire soluzioni giuridiche equilibrate e giuste.
Il processo formulare romano ha lasciato un'impronta indelebile nel diritto occidentale, influenzando i sistemi giuridici moderni con i suoi principi di chiarezza, flessibilità e metodo. La fase in iure, incentrata sulla formula, stabiliva le basi del rapporto processuale e le posizioni delle parti, mentre le caratteristiche distintive del processo, come la non formulisticità, la privatività, l'unitarietà e la bipartizione, ne facevano un sistema avanzato per il suo tempo. La sua evoluzione dimostra la capacità del diritto romano di adattarsi alle mutevoli circostanze storiche, lasciando un'eredità di principi giuridici ancora rilevanti oggi.
Gabriele.Ristallo
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