La figura di Thomas Hobbes
Hobbes nacque nel 1588 in Inghilterra, dove morì nel 1679. Pensatore dai vari interessi, diede il suo contributo fondamentale nell’ambito della teoria politica. Scrisse nel 1651 l’opera “Il Leviatano”, manifesto del suo pensiero e successiva base per pensatori di tutte le correnti.
Hobbes fu principalmente influenzato da due esperienze vissute in prima persona:
- La guerra civile inglese, che lo spinse a cercare le cause dei conflitti e una possibile soluzione per evitarli;
- I continui viaggi, grazie a cui entrò in contatto con tre diverse correnti filosofiche che lo ispirarono cioè il meccanicismo galileiano, il razionalismo cartesiano di cui riprese il metodo matematico deduttivo e l’empirismo inglese.
Il sistema hobbesiano
Effettuando una sintesi tra razionalismo ed empirismo, Hobbes fondò la base del suo contributo filosofico, con lo scopo di usare il metodo deduttivo per spiegare ogni elemento della realtà. Fu così che diede vita ad un sistema: Materialistico, Meccanicistico che va dagli elementi semplici a quelli complessi ed Onnicomprensivo nella spiegazione del reale. Gli elementi di base del suo sistema sono:
- Il corpo: la realtà è indipendente dal pensiero e tutto quello che può essere pensato deve per forza esistere concretamente;
- Il moto: è l’essenza dei corpi, che devono per forza essere o in movimento oppure immobili.
Il pensiero di Hobbes
Da dove nasce dunque la conoscenza umana? Un corpo si muove e quindi esercita una pressione sul cervello umano. Ne consegue un contro-movimento del cervello che crea una fantasia, un’immagine del corpo stesso, seguendo la logica della causa-effetto. I corpi provocano dunque una sensazione nell’essere umano, che poi la elabora seguendo un’unica idea. Il mezzo attraverso cui la conoscenza viene elaborata è il linguaggio, che ricopre un ruolo fondamentale in quanto funzione fondamentale dell’intelletto.
La teoria politica
Partendo dalle basi meccaniciste, Hobbes sviluppò anche il suo pensiero etico che mirava a costruire una morale naturalistica. Secondo questa logica, egli affermò l’esistenza di istinti naturali umani senza alcun valore assoluto. in altre parole, anche i moti dell’animo sarebbero regolati dalla logica azione-reazione, secondo cui il male provoca dolore e il bene piacere.
L’assolutismo di Stato
Distaccandosi dalla visione dell’uomo come “animale sociale”, Hobbes affermò che nello stato di natura gli uomini sono avidi e disposti ad utilizzare la violenza per giungere ai propri fini. Da qui nascono le sue due massime che descrivono la lotta per la predominanza:
- Homo homini lupus: gli uomini sono minacce per i simili;
- Bellum omnium contra omnes: stato naturale di costante guerra tra gli uomini.
In questo quadro le categorie di “giusto” e “ingiusto” non esistono, perché la legge naturale è puramente logica e non etica. La natura impone l’autoconservazione, entrando in conflitto con gli istinti umani che rischiano di portare ad uccidere i propri simili. La natura segue tre regole: la ricerca della pace, la rinuncia di parte del proprio diritto naturale a prevalere e l’idea che i patti vadano sempre rispettati (ovvero pacta sunt servanda).
Il contratto sociale
Visto che gli uomini devono rinunciare a parte della loro natura per avere pace, essi decidono volontariamente di trasferire tutti i diritti naturali di cui godono (tranne quello alla vita) ad un’autorità superiore, incaricata di far rispettare le leggi della natura anche con la forza. La paura della morte porta dunque gli uomini ad appoggiare un potere assoluto, incarnato nella sua opera dal Leviatano.
Da qui nasce un vero e proprio contratto sociale tra sovrano e popolo. La forma che il rapporto monarca-suddito assume è però diverso dal dispotismo perché in questo caso il sovrano viene scelto ed è tenuto a garantire la pace. Qualora fallisse, il popolo lo può destituire. Questo concetto venne ripreso poi anche da pensatori liberali come Rousseau e Locke.
Per questi motivi Hobbes sostenne fermamente la necessità della monarchia assoluta per il mantenimento della pace. Si schierò poi contro la divisione dei poteri, individuando in essi la causa principale della guerra civile inglese.
Giusnaturalismo o giuspositivismo?
Hobbes riuscì a conciliare giusnaturalismo e giuspositivismo, tradizionalmente antitetiche. Nel suo pensiero infatti le leggi naturali esistono, ma non hanno un valore assoluto: esse possono essere buone o meno solo in relazione alla garanzia del fine ultimo – ovvero la pace. Così, da un lato il sovrano è tenuto a rispettare le leggi solamente quando esse non minacciano l’autoconservazione di sé o del proprio Stato. Dall’altro, però, tutto ciò che viene comandato è giusto solo per il fatto di avere come fine ultimo l’ottenimento e mantenimento della pace.