La figura di Karl Marx
Karl Marx nacque in Germania nel 1818 da una famiglia del ceto medio, per il tempo particolarmente agiata. Ebbe l’opportunità di proseguire gli studi e specializzarsi in filosofia, appassionandosi soprattutto al pensiero di Hegel – di cui riprese successivamente la metodologia dialettica.

Sin da giovane iniziò a sviluppare il suo pensiero economico-politico, entrando tra le altre cose a far parte della Lega dei Comunisti, scelta che gli fruttò sia delle opportunità che dei problemi. Da un lato fu proprio questa organizzazione a commissionargli la scrittura dell’opera “Il Manifesto del Partito Comunista” (1848), redatto anche grazie alla collaborazione del collega Engels. Dall’altro, egli venne presto esiliato dalla Germania per le sue idee politiche radicali.

Marx si dedicò all’attività giornalistica non solo nel Paese d’origine, ma anche a Parigi e successivamente a Londra, dove morì nel 1883. Sebbene molte delle sue opere (tra cui la maggior parte de “Il Capitale”) siano state pubblicate postume, egli fu un autore particolarmente prolifico non solo in ambito politico-economico, ma anche filosofico.
Il Capitale: la critica economica
Nella sua opera più importante, “Il Capitale” (1867-1894), Marx sviluppò la sua teoria partendo da un’interpretazione materialistica della storia e della società. Svolgendo una “critica dell’economia politica”, egli contro-argomentò le teorie di economia classica di Smith e Ricardo e criticò aspramente quelle utilitaristiche di Bentham e Mill.

Marx smontò l’apparato dell’economia classica incentrando il lavoro attorno due colonne portanti:
- La centralità del lavoro per la creazione, la circolazione e la riproduzione del capitale;
- Il concetto di plusvalore, che fu il primo ad introdurre nelle teorie economiche.
Secondo il suo pensiero, il valore aggiuntivo assunto dalla merce deriva esclusivamente dal cosiddetto “pluslavoro”, ovvero il lavoro aggiuntivo e non necessario svolto gratuitamente dagli operai per i proprietari delle imprese.
Il Capitale: l’analisi storica
Marx ripercorre l’evoluzione storica per individuare i rapporti che sono intercorsi tra le varie classi sociali:
- Rapporto schiavo-padrone, di forte subordinazione e con nessuna libertà per il servo;
- Rapporto contadino-signore feudale, in cui il secondo godeva di molti più diritti ma il primo aveva comunque maggiori libertà rispetto ad uno schiavo;
- Uguaglianza di tutti gli uomini di fronte alla legge in seguito alle rivoluzioni borghesi. Nonostante ciò, i proletari si trovano in una situazione di inferiorità rispetto ai capitalisti, con una forte contraddizione rispetto alla teorica parità degli esseri umani.
Da questa analisi, Marx trasse due conclusioni. Innanzitutto, evidenziò come le caratteristiche delle diverse società sono sempre determinate dai rapporti di produzione interni alle stesse. Inoltre, individuò una contraddizione interna all’ultima fase, quella capitalista, che cercò di spiegare nel secondo e terzo libro de Il Capitale.
Il Capitale: la società capitalista
La contraddizione della società capitalista nasce da due fattori principali: la doppia natura della merce e l’essenza dell’economia borghese.
Secondo Marx, la merce ha un valore d’uso, rappresentato dalla sua reale utilità. Parallelamente, però, essa ha anche un valore di scambio, rappresentato da quanto vale in paragone con gli altri beni esistenti. Secondo la teoria del valore, solo un crescente tempo impiegato per la produzione può corrispondere all’aumento del valore stesso;
L’economia borghese è caratterizzata dal fatto che i proprietari (o imprenditori) producono non per consumare, ma per accumulare ricchezza. Questo fine è raggiungibile solo grazie al pluslavoro degli operai, che si ritrovano – per dei rapporti di forza – costretti a offrire una porzione del loro lavoro gratuitamente.
Il ruolo del Capitale nell’economia di mercato
Marx elaborò anche la teoria degli “schemi di riproduzione del capitale”, fondamentali nello spiegare come esso viene generato e circola per poi essere riprodotto. Secondo il suo pensiero, i momenti di espansione dell’economia capitalista possono nascere solo dal caso, dal momento che teoricamente tutta la ricchezza prodotta dovrebbe essere riutilizzata per far ripartire la ciclica produzione capitalista.
Nell’evoluzione del capitalismo e delle sue contraddizioni gioca un ruolo fondamentale la (sempre maggiore) produttività. Dal momento che le innovazioni tecnologiche consentono di produrre le stesse quantità in tempi sempre inferiori, il pluslavoro (e quindi il plusvalore) è destinato a diventare sempre meno consistente, mandando in crisi l’unica fonte di profitto degli imprenditori.
Come naturale conseguenza, Marx afferma che il liberalismo e il capitalismo sono destinati ad implodere e distruggersi per le loro stesse contraddizioni interne. Da questa crisi irreversibile ne nascerà dunque una nuova forma di organizzazione politica delle società, ovvero il comunismo, in cui non esiste mano invisibile a controllare il mercato, ma solo l’unione tra liberi uomini che determinano il processo produttivo più adatto alle esigenze di tutti.