Rappresenta uno dei romanzi più famosi di Luigi Pirandello e ha avuto inizio nel 1909 ma fu pubblicato solo ventiquattro anni dopo. L’ultimo capolavoro dello scrittore che esprime in modo completo il pensiero dell’autore.
Il protagonista è Vitangelo Moscarda un personaggio complicato e auto consapevole che esprime una sensazione di vuoto mentale. Rappresenta un antieroe moderno del Novecento: immaturo e infantile ma in crisi sull’io e sulla realtà oggettiva e psicologica trasformandosi da eroe a individuo problematico. L’umorismo di Luigi Pirandello si evince nella modalità del racconto attraverso il narratore “autodiegetico”.
In questo riassunto con mappa concettuale sono illustrate:
Vitangelo Moscarda è un uomo ordinario e vive di rendita del padre. In seguito ad una osservazione della moglie sul suo naso leggermente storto inizia ad avere una crisi d’identità e si rende conto di non essere unico. Considerato dai paesani un usuraio come il padre, decide di cambiare vita rovinando la sua economia e portando la moglie ad andarsene di casa.
Il malessere lo porterà a rinchiudersi in un ospizio in cui potrà finalmente essere libero e vedere il mondo da una prospettiva diversa. Per uscire dalla prigione in cui si sente oltre a cambiare continuamente nome deve cambiare la vita volta per volta, rinascendo ogni volta in modo diverso.
La prima parte del romanzo è incentrata sull’immagine che il protagonista ha di se stesso che è diversa da quella che gli altri hanno di lui, mentre la seconda parte, immotivata e improbabile, racconta il conseguente sgretolamento della sua personalità che lo porta quindi a chiudere la banca di famiglia per non essere considerato più un usuraio agli occhi degli altri fino ad arrivare alla miseria.

Il significato del romanzo rappresenta quello di un uomo che non è uno e di una realtà che non è oggettiva. Vitangelo si rende conto di non essere unico per tutti (Uno) ma concepisce di essere un nulla (Nessuno) a causa dei diversi sè stesso che sono in continua evoluzione con gli altri (Centomila). Nel tentativo di distruggere i centomila estranei che vivono negli altri viene scambiato per pazzo il quale ha compreso che le persone sono dipendenti da se stesse e dagli altri.
Alla fine del romanzo si evince la frantumazione dell’io attraverso il rifiuto del nome dissolvendosi nella natura.
Tra i temi principali più sentiti dell’autore ritroviamo quello della maschera e quello della follia. Il protagonista si scopre diverso da quello che gli altri vedono in lui ricollegandosi al tema dello specchio e dell’immagine che gli rivela veramente che oltre ad essere diverse persone per gli altri non sa chi è veramente per se stesso.
La vicenda è improntata su tematiche psicologiche e introspettive passando da considerazioni esistenziali collegate alla ricerca dell’io e contemporaneamente alla distruzione delle centomila maschere attribuitegli dagli altri.
L’obiettivo è quello di far riflettere sull’impossibilità di una realtà oggettiva e certa in quanto ognuno costruisce una diversa in base alle convenzioni, alla società in cui vive e agli individui che lo circondano.

Il protagonista Vitangelo Moscarda ha trent’anni e per tutto il romanzo cercherà di distruggere le varie immagini che si creano attorno alla sua figura diventando pazzo. La moglie Dida chiama il marito amorevolmente “Gengè” scaturendo una delle centomila immagini di lui create e creando turbamenti mentali.
Anna Rosa è un’amica della moglie che nel corso del romanzo si innamorerà del protagonista fino ad aiutarlo e successivamente spararlo.
I due amministratori della banca si alleeranno con la moglie cercando di mettere il protagonista sotto processo.
Il significato del pensiero di Pirandello ha una concezione vitalistica della realtà in eterno divenire e in continua trasformazione. Quello che si spezza da questo flusso viene considerato distinto e individuale iniziando a morire così avviene per l’uomo che si stacca dall’universo e assume una maschera.
Ma non esiste una sola maschera, in quanto nella società sono presenti diverse forme che l’io conferisce agli altri perdendo la sua individualità e diventando quindi centomila e poi nessuno. Dalla disgregazione dell’io hanno inizio le varie vicissitudini in particolare quella della moglie che fa notare un’immagine diversa da quella che il protagonista aveva di sé arrivando alla follia come strumento di contestazione.
Attraverso la follia il protagonista cerca di evadere dalle varie forme che la società gli impone fallendo e accettando una nuova ed ennesima maschera, quella del tradimento e conseguentemente della pena non meritata. La sensazione di non essere “nessuno” gli provocava orrore e solitudine ma adesso accetta l’alienazione rifiutando ogni identità personale e abbandonandosi al mondo in continuo divenire senza l’imposizione di nessuna maschera autoimposta ma estraniandosi dalla società.
La conclusione del romanzo è profonda in quanto il rifiuto della persona rappresenta la disgregazione dell’io a partire dal rifiuto del nome che imprigiona la realtà in forme immutabili come un’epigrafe funeraria in contrapposizione con la vita in continuo mutamento e fonte di ispirazione.
Pertanto, l’unico modo per vivere la vita è vivere attimo dopo attimo, rinascendo ogni volta in forme diverse.