Le premesse e il quadro generale
L’età vittoriana ebbe caratteristiche fortemente politiche, come dimostra la data del suo inizio: fissata nel 1832 per la promulgazione dei Reform Act, anche se la sua protagonista, Vittoria, venne incoronata solo cinque anni più tardi. Il suo lungo regno visse diverse fasi:
- Un iniziale appoggio alle idee liberali;
- La seconda metà, segnata da idee conservatrici e dalla fioritura della Belle Époque;
- Gli ultimi vent’anni, coincidenti con la sua massima popolarità, fino alla morte nel 1901.

L’appoggio iniziale di Vittoria alle idee liberali era soprattutto dovuto al quadro critico ereditato dall’epoca precedente, in cui l’economia e i commerci avevano subito fortissime crisi.
Lo splendore britannico
Quattro elementi incoronano l’età vittoriana come quella di massimo splendore britannico:
- La distensione internazionale sulla base del Congresso di Vienna. La “Pax Britannica” consentì l’assenza quasi totale di conflitti in Europa durante tutto il periodo, interrotto solo dalla guerra di Crimea;
- La proliferazione dei commerci e dell’economia, favorita dalla liberalizzazione dei primi e dall’introduzione di tasse generali sul reddito e sul grano;
- Il sentimento nazionalistico britannico, che diede fiducia ad un intero popolo che portò ad espansioni geografiche;
- La rivalutazione degli ideali romantici e mistici, con la riscoperta delle arti e delle scienze sociali.
Grazie a queste premesse, il Regno Unito visse da un lato una generalizzata crescita demografica in Inghilterra, Galles e Scozia, e dall’altro il progressivo ridimensionamento del potere monarchico.
Un’epoca contraddittoria
In realtà l’epoca vittoriana non fu priva di aspetti problematici, come la divisione interna della popolazione, che venne mantenuta unita grazie all’ampio uso di elementi religiosi. Ciò non impedì alla forbice economica di ampliarsi, creando classi sociali molto dispari. Ad aggravare la situazione dei ceti più poveri contribuì il fenomeno dello sfruttamento minorile, reso possibile dalla situazione precaria delle famiglie meno abbienti.
I governi Palmerston
La prima metà dell’età vittoriana fu dominata dalla figura politica di Lord Palmerston, uomo di governo dal 1808 al 1865. Per le sue idee contrarie all’assolutismo e al papato non fu particolarmente amato dalla classe politica o dalla regina stessa, ma ebbe un grande sostegno popolare grazie al suo carisma e alla dedicazione che dimostrava.
Dopo i successi nella guerra di Crimea con la firma del trattato di Parigi (1856) e nei moti di ribellione indiani (1857), egli intraprese l’impopolare guerra in Cina che causò la sua fine politica. Emerse da qui l’influente figura riformatrice di W. E. Gladstone.
I governi riformatori di Gladstone
Gladstone propose nel 1866 una riforma che avrebbe dovuto allargare il diritto di voto ad alcune classi sociali meno abbienti. Nonostante la caduta temporanea del governo di cui faceva parte, egli innescò così un processo in cui gli elettori divennero sempre di più, partendo dalle classi operaie fino ad arrivare a quelle agricole.

La prima ondata riformatrice
Gladstone attuò dunque un primo pacchetto riformatore su quattro pilastri:
- Educazione (1870). Introdusse scuole pubbliche, rendendole in un secondo momento anche obbligatorie e gratuite. Pur garantendo la sopravvivenza degli istituti anglicani privati, negò un insegnamento esclusivamente religioso e consentì l’istruzione delle donne;
- Clientelismo (1870). Decise che le funzioni pubbliche sarebbero state assegnate per concorso pubblico, dando un duro colpo al sistema di conoscenze che dominava la politica;
- Esercito. Proibì l’acquisto dei gradi superiori dell’esercito, rendendo la promozione più meritocratica e dunque affidabile;
- Sindacati (1871). Uscirono dall’illegalità e venne successivamente garantito il diritto di sciopero anche al singolo.
La seconda fase di Gladstone
Gladstone tornò al governo nel 1880, dopo una piccola parentesi a guida Disraeli, grazie ad un’opposizione debole e alla popolarità personale di cui godeva. Fece così approvare la Terza Legge Elettorale (1884), che garantì diritto di voto ad una grande fetta della popolazione agraria, che acquisì così un nuovo peso politico, conquistando delle migliori condizioni di vita e riducendo la necessità di emigrazione verso le città. Nonostante questa vittoria, il governo di Gladstone dovette cedere il passo a Lord Salisbury perché il partito venne spaccato dalla richiesta irlandese di ridistribuzione delle terre.
La politica estera di Disraeli
Disraeli emerse, come uomo politico, soprattutto dalla spaccatura politica causata dalle leggi sul grano. Nonostante l’indirizzo poco riformatore, il suo governo migliorò le condizioni di vita degli operai e stabilì un maggiore appoggio statale alle classi meno abbienti. I maggiori successi di Disraeli furono però legati alla politica estera: l’acquisto del Canale di Suez, fondamentale per i commerci coloniali britannici e la firma del Trattato di Berlino, con una pace che scongiurò una guerra europea generale nei Balcani.

La fine dell’età vittoriana: sindacati, Salisbury e Chamberlain
Decaduto definitivamente Gladstone, i riflettori politici si spostarono su Lord Salisbury. Il suo governo si confrontò a più riprese con le forze sindacali, che erano ormai legali ma disunite e non autonome. Il movimento del “nuovo unionismo” creò però degli scossoni interni a partire dagli anni 1880s, interessando diverse categorie di lavoratori e attirando forti simpatie popolari. Il successo dei sindacati portò alle dimissioni di Salisbury (1902), consegnando il testimone a Chamberlain, fermo imperialista e convinto pacifista che aprì l’epoca successiva a quella vittoriana.